Letteratura: Scriviamo un racconto insieme ?

DeletedUser18685

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Avete mai sentito parlare di Scrittura automatica?

I SURREALISTI, spinti dai concetti di inconscio, sogno e automatismo psichico, spinsero le loro ricerche artistiche a utilizzare una forma di scrittura definita AUTOMATICA o psicografia. Le serate dedicate a questa forma sperimentale di arte si sviluppavano dando ad uno del gruppo il compito di scrivere l'incipit, ovvero l'inizio d'un ipotetico racconto o romanzo. In seguito il foglio veniva passato di mano, e l'altro doveva continuarne la costruzione senza sapere l'idea generale dell'altro o la trama o il soggetto, nulla; doveva solo continuare da dove l'altro aveva terminato il paragrafo, seguendo una sua idea personale, scevra da ogni costrizione razionale.

A volte opere eccelse nascono dall'imprevisto, dall'intoppo, da situazioni irregolari della vita, quasi di confine.
Il romanzo FRANKENSTEIN di Mary Shelley, è un esempio di tale natura e natali inverosimili.

Dal diario di Polidori (segretario di Lord Byron) sappiamo che una sera piovosa dell'estate del 1816, il gruppo formato da: John William Polidori, Lord Byron, Percy Bysshe Shelley, Mary Godwin Wollstonecraft (che diventerà moglie di Shelley) e la sua sorellastra e amante di Byron, Jane Clairmont, era riunito a Villa Diodati, una dimora nei pressi di Ginevra, in Svizzera.
Dato il mal tempo che imperversava fuori, passavano lunghe ore a leggere romanzi di fantasmi. Lord Byron, allora, propose di cimentarsi, ognuno, nel compito di scrivere una storia di fantasmi.
Tutti accettarono di buon grado.

E così, per gioco e per scommessa, presero vita un racconto ed un romanzo che avrebbero avuto, in seguito, il valore di pietre miliari nella storia della letteratura gotica mondiale. In quel breve lasso di tempo furono concepiti il celeberrimo e sublime "Frankenstein" di Mary Godwin Wollstonecraft (Mary Shelley da coniugata) ed il racconto di Polidori, "Il Vampiro" (lo scrittore, tra l'altro, prese dal volto di Lord Byron, le sembianze del "primo" vampiro che sia mai stato creato: Lord Ruthven).

Da queste premesse, volevo proporVi l'idea singolare di cimentare le meningi in un esperimento di scrittura AUTOMATICA, dove io scriverò un INCIPIT di qualche rigo, e voi continuerete a vostro piacere!

IMPORTANTE!!!!!
(Per ottenere un flusso regolare e sequenziale dei testi presentati, ed evitare accavallamenti di testi, chi vorrà partecipare dovrà scrivere in RISPOSTA al testo precedente un numero sequenziale, seguito dal proprio NICK ma senza il testo, così da prenotarsi e avvertire gli altri che qualcuno sta preparando un suo testo, in questo modo chi leggerà capirà di dover aspettare che sia postato prima di presentare il proprio. ESEMPIO: 1), animamante, testo in preparazione.. Quando avrete il testo pronto, basterà fare MODIFICA, e aggiungerete il vostro testo sotto il numero e il nome).

Ok, basta con le ciance! A NOI DUE!

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1), animamante, testo in preparazione....
 
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DeletedUser18685

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1), animamante


Cuori come prigioni


E’ sera.
Vi è un indefinibile silenzio sospeso nell'aria.

L'uomo se ne sta nudo davanti alla vetrata, a guardare giù dal pendio il canale di vicoli intrecciarsi irrimediabilmente. Un involucro di segmenti protèsi verso una destinazione indefinita; un manipolo di serpi che strisciano e si aggrovigliano senza fine. "Strade come sentieri, percorsi, traiettorie - pensa tra se - la condizione multipla e mai reversibile del nostro cammino; le scelte oscure sulle quali tessiamo sghembi i nostri destini "- e sente inspiegabile un compiacimento sotterraneo e disordinato.

Apre l’ampia porta di vetro che da sul balcone.
Una folata d’aria lo investe in pieno, quasi lo aspettasse al varco, acquattata, felina. E’ un tepore caldo, che lo accarezza. Lo sente avvolgergli il corpo, scivolargli addosso. Ogni tocco è un brivido sotto pelle, una increspatura d’un attimo, una effervescenza cutanea.

Si appoggia al corrimano del balcone.
Inspira.

Odore di gelsomino.
 
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Dietro di lui la porta che aveva attraversato pochi istanti prima dava sul suo studio buio, illuminato solo dalla fievole luce che alcune candele, ordinate in una precisa disposizione all'interno della stanza, riuscivano ad emanare debolmente. La scrivania, posta al centro della stanza era rivolta verso quella porta che lui amava chiamare "finestra sul mondo" in quanto tutte le sue opere, i suoi scritti, la sua musica, erano passati attraverso la finestra fino ai suoi occhi. Tutt'intorno alla stanza c'erano pile e file di libri posti all'interno delle ampie librerie, rigorosamente in stile gotico, come ogni cosa in quella stanza.
L'arredamento rispecchiava senza dubbio lo stato d'animo che egli portava dentro ormai da tanto, troppo tempo.
I suoi cupi pensieri si rispecchiavano irrimediabilmente nella sua triste musica che lasciava trapelare in alcuni passaggi una certa nota di follia, di quella che solo un artista nel pieno godimento delle sue emozioni può lasciar trapelare.

Ma quel giorno non suonava alcuna musica al piano.
Solo la musica del vento risuonava attraverso i suoi timpani.

E quel piacevolmente maledetto odore di gelsomino gli accarezzava dolcemente le narici.
 

DeletedUser18685

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3) anim@mante, testo in preparazione...

Il suo intenso profumo gli lascia addosso un batticuore; l’ingombro di una incerta felicità. Una gioia, frugale e tenera quanto basta a irradiare ricordi, a versare nei suoi occhi giorni e ore lontani. Le immagini gli affiorano come scintille, frammenti d’un puzzle che va componendosi istantanea dopo istantanea; lampi, mozziconi luminescenti, reliquie di relitti emerse dalla memoria come da un ventre d’oceano. La sua mente è adesso un formicaio, una baruffa di ricordi che si mescolano l’un l’altro generando operosi un nastro filmico.
Ed è li, in quella pellicola, che intravede la pergola di gelsomino sotto la quale addolciva da ragazzo l’irruenza del cuore. Era quello il suo rifugio, un involucro incavo di rametti e fiori, tra le colline di una Sicilia divorata dal sole, cresciuto selvaggio sui pochi resti d’un ulivo. Da piccolo se ne stava tutto solo li sotto, al crepuscolo, a spiare gli ultimi barbagli di luce all’orizzonte, muto, con fogli di libri tra le mani e nell’anima una lingua di fuoco che lo solleticava. Restava chino, con la mano sulla fronte e il gomito poggiato sulle ginocchia a leggere, per ore, tanto da dolersene, quasi da ammalarsene.

Era più una infezione cutanea la sua che risaliva sottopelle, fino a divenire cerebrale e impigliarsi appena dietro gli occhi. Una coltura di batteri sembrava, infiltrati nell’epidermide attraverso l’uso delle pagine, lo sfoglio rugoso della carta lasciato tra le dita. Quando leggeva, ogni lettera animava un nuovo germe dentro di lui; sotto la buccia, le parole divenivano epidemiche, invasive, germinali. Le parole mutavano forma nella sua testa, tutto acquistava un senso, un fine. "Strana disciplina la lettura – gli rivelò una sera suo nonno - segretamente t’alita nelle vene una indisciplina cardiaca, una passione famelica, di cui è opportuno mio caro non trovarne mai la cura... i libri sono labbra dispensieri di passioni!".

Ebbene, tra i tanti stralci di fogli letti e nascosti tra le radici dell’albero sotto il fogliame (quasi fossero pegni d’amore, per chi un giorno o l’altro, vi sarebbe inciampato, perché i destini come i cuori - diceva a se stesso - hanno il dono dell’ubiquità), ve n'era uno speciale, sdrucito e scialbo, sul quale era tracciato un titolo: ....
 
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...Cuori come prigioni. Usurato non solo dagli anni e dal calore di quell'arida terra ma anche e soprattutto dalle innumerevoli volte in cui quell'uomo l'aveva letto da bambino. I ricordi riaffioravano sempre più vividi sia nelle immagini che nei suoni, sia nel tatto che nel sapore e tutto grazie a quel dolce maledetto odore.
Fu un sussulto provocato dal bussare alla porta della sua stanza a riportarlo alla realtà e quasi frustrato si ricompose, rientrò lasciandosi alle spalle il balcone e, attraversata l'intera grande stanza semibuia, si avvicinò al tavolino su cui aveva allestito un piccolo piano-bar con decine di bottiglie di whiskey, vodka, vino e quant'altro il suo fegato poteva sopportare e due bicchieri pronti all'uso.
- Fatti avanti, mio caro- disse.
La porta si apriva dolcemente.
- Non smetti mai di stupirmi! Come facevi a sapere che ero io?!- Disse sorridendo l'altro mentre entrava nella stanza.
Era un uomo molto alto, grandi occhi verde scuro, intenso, uno sguardo profondo. Molto muscoloso e piazzato, da giovane aveva lavorato molto, anche se non lo avrebbe detto nessuno dal modo in cui era vestito. Una tuba copriva una folta chioma di colore castano chiaro che scendeva lungo le larghe spalle coperte da un lungo cappotto dalle qualità borghesi (soprattutto il costo) che terminava all'altezza delle ginocchia. Grandi e pesanti scarponi di colore nero lucido rendevano il passo dell'uomo ancora meno leggiadro di quanto non fosse già di norma.
Avanzò lentamente oltre la soglia della stanza.
- Solo le tue grandi mani possono fare un fracasso del genere mentre cercano di attirare l'attenzione altrui!-
- ma come siamo di orecchio delicato, eh?! Ma veniamo alla ragione della mia visita!
Ricordi quel vecchio terreno in cui andavamo a giocare da bambini?-
Con un attimo di esitazione, quasi sobbalzando, scosse la testa e si riprese. -Come potrei non ricordarlo...?-
- Ebbene ho scoperto che è in vendita. Potremmo andare a dare un'occhiata! Ormai i soldi non ci mancano, sarebbe bello prenderci una vacanza e fare un salto nel passato-.

Per tutta risposta l'uomo prese i due bicchieri e li riempì del miglior whiskey che aveva sul bancone.
Ne porse uno dinanzi all'amico e con un cenno del capo glielo indicò.

- Brindiamo al nostro tuffo, ma che dico tuffo.. Alla nostra nuotata nel passato!-

...
 
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DeletedUser18685

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e chi può saperlo Victor Xd... Cribston è davvero bravo! ;-)
 

DeletedUser18685

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5) anim@mante, testo in preparazione...


"Oddio, quel posto... - disse più a se stesso che all'amico, mentre scrutava il vuoto intorno, quasi a cercare brandelli di memoria - quasi non lo ricordavo più!"

Demian sorrise scrutandolo sott'occhio, mentre si accendeva una sigaretta. La luce del lume gli versò sul volto un pallore esoterico, quasi grottesco. "Eh mio caro, il passato è una sveglia che suona a intervalli irregolari e improvvisi, per rammentarci che non vi è fuga o nascondiglio!"

"Mi spiace amico - gli disse Jacky - ma non potrei mai tornare tra quei luoghi, il cuore non reggerebbe."

Jacky coltivava l'idea che ogni uomo scrive da se le sue fortune, seppure in modi imperscrutabili. Un intelletto capace di elaborare da se le proprie vicissitudini, di ricamarsi, tra una piega e l'altra dell'epidermide, il proprio destino. Una volontà incline alla tessitura, all'intreccio, al labirinto, nelle cui trame versa un fitto viluppo di occasioni, una sorgiva di permutazioni e varianti che giostrano l'esistenza a loro discrezione. "Il decorso di un'opera - amava ripetersi - è la proiezione di una volontà risoluta."

Si, gli piaceva rigirarsi in testa l'assunto secondo cui: homo faber fortunae suae; indubbiamente accompagnando il tutto da un buon bicchiere di cointreau, e da una buona dose di dissennatezza, poiché sapeva oltre ogni ragionevole dubbio che la realtà era ben altra... sapeva che i piaceri, quali fragili ed intime partiture del cuore, difettano di razionalità.

In certe sere, terse d'umidità e nebbia, quando insorge quella dissimulata insofferenza che ci accudisce o ci affoga, a suo capriccio, siamo pervasi dalla lucida percezione che, se all'uomo è permesso un qualche destino, questo sarà sempre ammantato di cattivi auspici, quasi a percepirne da subito un sentore di sciagura; e Jacky lo sapeva benissimo.

"E' curioso - intervenne Demian, interrompendo il flusso di pensieri di Jacky - come i passi che la vita ci impone spesso assumono le sembianze di tracce sbilenche, strascichi, una trama inverosimile di inciampi. Per quanto gli anni siano involontari, rotolano impunemente, tra scelte rovinose e capitomboli non meno infelici, così da suggerire una natura servile dell'essere, invischiata nella morsa del Fato."

Poi aggiunse sarcastico... "un uomo è la somma dei propri limiti e l'insorgenza delle proprie illusioni", rilasciando nell'aria una nuvola di fumo.

Ma i pensieri di Jacky si rifiutavano di ricordare.
Aveva gettato nell'oblio ogni ricordo di quel luogo.

Vi sono dicerie di luoghi terribili - pensò - storie sparse di posti intessuti d'orrore, dei quali l'animo fobico inconsciamente rimuove ogni informazione, poiché sa che alcune verità meritano non essere svelate... il male, nella migliore delle ipotesi ci attende al varco, famelico.


A un certo punto Jacky si voltò cercando Demian, ma non c'era nessun altro nella camera, a parte lui e il suo riflesso allo specchio, e così, gli risuonarono in modo sinistro di nuovo quelle parole: "un uomo è la somma dei propri limiti e l'insorgenza delle proprie ILLUSIONI."
 
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Limiti ed illusioni.. Aveva spesso pensato a queste due variabili a cui l'uomo è soggetto. Si lasciava spesso sopraffare dalle illusioni della propria mente, da buon artista, ed era spesso incorso in alcuni limiti di sé che proprio non riusciva a superare; Un libro malconcio aperto sulla scrivania riportava queste parole:

Un nuovo confine raggiunto
Nel viaggio che porta all'ignoto
Non trovo certezze ma dubbi indistinti
E intanto mi fermo, di nuovo
E supero il confine con una consapevolezza:
So già che ne troverò un altro
E mi batterò ancora
E ancora...
E ancora...


Erano le parole di Demian, che amava raccogliere aforismi e poesie in piccoli opuscoli o libricini che poi donava agli amici ed in particolare a Jacky che più di tutti meritava di leggerli. Ed infatti, nonostante cercasse di tenerli con quanta più cura possibile, Jacky non poteva fare a meno di sfogliare quelle pagine con ardore e cattiveria, quasi a maltrattare le parole che creavano in lui un turbine di emozioni e pensieri che lo sconvolgevano istante per istante, ora dopo ora.
"L'altra finestra sul mondo" era dunque Demian.

Il silenzio che era venuto a mancare pochi minuti prima era dunque tornato e Jacky si apprestava ad andare a dormire. Le parole dell'amico avevano dunque sortito lo stesso effetto di ogni altra volta in cui avesse discusso con lui: era sconvolto. Di fatto, quella notte non chiuse occhio.

La mattina seguente decise di andare in una libreria a cercare qualche buon vecchio libro da aggiungere alla sua collezione. Si alzò di buon ora e fece una colazione scarsa e poco soddisfacente, un po' perché continuavano a riecheggiare nella sua mente le parole di Demian, un po' perché non vedeva l'ora di soffocare nella polvere di scritti secolari sepolti in quel silenzioso ma caotico locale nel centro città in cui aveva pervenuto buona parte della sua raccolta di libri.
I passi erano rapidi e decisi, quasi come sapesse che il destino stava per giocargli un sinistro scherzo, come a suo solito.
Voleva al più presto scoprire cosa aveva in serbo per lui in quel bellissimo giorno di primavera in cui il sole splendeva più lucente che mai ed il canto degli uccelli sembrava coprire le grida della gente in strada e dei mercanti con le loro bancarelle stracolme di spezie e frutti di ogni tipo. Non poteva che essere una sorpresa bella e sconvolgente e nel mentre del suo fantasticare fugace ed irruento, era infine giunto di fronte alla libreria; Fece un passo per entrare ma mentre faceva per aprire la porta sentì toccarsi la spalla.
- Bene bene, ci rivediamo!- Era la voce di Demian.
- Da dove sbuchi? Non ti avevo visto!-
- Sappiamo entrambi quanto i tuoi pensieri lavorino meglio dei tuoi occhi! Dovresti stare più attento o qualche malvivente potrebbe approfittarsene!- Disse sorridente.
- Sappiamo altrettanto bene quanto tu sappia nasconderti per ricomparire al momento giusto.. Entravo in libreria, mi accompagni?-
- In verità né ero appena uscito e prendevo un caffè al bar di fronte quando ti ho visto arrivare. Venivo proprio da te a mostrarti questo!- Ed estrasse dalla giacca nera elegantissima un biglietto. Un foglio molto piccolo per la precisione che diceva:

Vendo terra 3000 mq, nella campagna a sud di Palermo, Sicilia. Prezzo da discutere. Contattare Fred, proprietario de "Libri nuovi e d'annata".

Dunque era vero. La foto allegata non mentiva, era il loro terreno.
I due si salutarono con appuntamento al giorno seguente, all'ora di pranzo, a casa di Demian.
I passi del rientro a casa erano molto meno decisi dei precedenti. Adesso aveva molte cose a cui pensare, molti dubbi da risolvere e sopra ogni altra cosa doveva fare pace con quei pensieri che gli consigliavano una fuga dal mondo in cui viveva. Voleva tornare al passato ma allo stesso tempo fuggirne. Non era facile per lui quanto al contrario lo era troppo per il suo amico.
Quei "dubbi del viaggio che porta all'ignoto", parole della poesia di Demian erano una veggenza, una previsione involontaria di un futuro che si stava verificando. Proprio in quelle parole Jacky doveva trovare risposta ai suoi pensieri.
 

DeletedUser18685

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Mi piacerebbe che qualcun altro si cimentasse in questo gioco di scrittura, per questo aspetto sempre qualche giorno prima di postare qualcosa.... DAI RAGAZZI FATEVI SOTTO! ;-)
 

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Si ma io fremo dalla voglia di vedere come va a finire!! ahahahah
 

DeletedUser19760

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Buona sera a tutti...!
EHEHEHEH..., animamante vs Cribston: voi ci avete continuati infinitamente per i romanzi...!!!
Forza...!!! ;)
 

DeletedUser18685

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Grazie Bismarkc, avere dei lettori ci onora ahahahah... dai che GUERRA E PACE ci fa una pippa (tranquilli non sarà lungo uguale) ;-)
 
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allora riprendo con la stesura del testo..

Jacky faceva una di quelle professioni che ti cambiano la vita. No, non dal punto di vista economico. Non solo, per lo meno. Faceva uno di quei mestieri che danno tanto sia a chi ne intraprende la carriera sia a chi ne riceve beneficio. Uno di quei mestieri che può altresì distruggere la vita propria e di chi ne subisce le conseguenze.
Jacky era uno psicologo. Il bello ed il brutto di questo mestiere è che porta a conoscere le persone in maniera ben diversa da come noi comuni mortali possiamo conoscerle. Uno psicologo non solo aiuta il paziente a superare i propri limiti, a limitarne pensieri negativi, a liberarlo da una morsa che il destino gli ha imposto così da farlo soffrire giorno dopo giorno sempre più; uno psicologo gode a pieno ogni istante che lo circonda perché è in grado di carpirne il significato, gode a pieno di ogni emozione, sentimento ed è in grado di comprendere ogni sfumatura del comportamento che un ignaro individuo incontrato per caso sta intraprendendo.
Era così che aveva conosciuto Janet, la sua migliore amica: per caso. Si erano scontrati nel vicolo in cui stava muovendo lenti i suoi passi e le aveva fatto cadere delle monete dalle mani. La prima cosa che notò in lei erano gli occhi, cristallini come l'oceano di ghiaccio che si stende nell'artico e questi gli avevano causato un altro turbine di emozioni, diverso da quello provato per la musica, la poesia, il teatro, diverso dalle parole del suo amico. Janet era fantastica, la personificazione della bellezza dal viso angelico posato con leggerezza su un corpo esile e scolpito nelle più belle forme mai conosciute da occhio umano; Lo scuro colore dei suoi capelli metteva ancora più in risalto il candore della pelle, liscia come una pietra levigata da secoli di brezza alleviante, fresca e chiara come soffice neve posata leggiadra al suolo. Una creatura magnifica, la definiva Jacky.
Il caso volle che proprio nel momento in cui egli ripensava a quel dolce incontro di tanti anni prima, Janet apparve dal nulla.
- Jacky! Jacky!- Lo chiamava con la dolce voce che solo lei poteva possedere.
- Ma guarda chi si rivede, la mia dolce Jaja!-
Ogni abbraccio che lei gli concedeva, come in questo caso, era una nuova scarica di adrenalina in lui. Un nuovo turbinio infinito.
Appena si allontanarono a pochi centimetri l'uno dall'altra, egli esordì, quasi schivando il penetrante sguardo della sua amica:
- Devo dirti una cosa importante... Ho deciso con Demian di partire. Staremo via solo pochi giorni. Ci prendiamo una vacanza. Andiamo in sicilia per vedere e forse comperare quel terreno...-
L'atmosfera si era rattristata. Nell'aria ritornava quell'odore, quel maledetto odore di gelsomino.
- Ah.. Quel terreno..?- Chiese lei.
- Proprio quello...- Concluse lui.
Poi si allontanò. Era tardi, troppo tardi. Col buio la città non era sicura. Tornò a casa.
 

DeletedUser18685

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Ah... la notte...

Quali serafiche malie ci sussurra nel sonno.
Quali melodiose abluzioni di suoni può rappresentare un nome, mentre siamo cullati dalle braccia di Morfeo. E nel sonno i sogni, fatti di materia rarefatta, di incertezze e indistinti orizzonti.


Allora fu li che la vide la sua bella Jaja.
Sospesa nel suo sogno, mentre guardava il mondo, fuori, rutilante, alle prime luci dell'alba (un alba che già trapelava sorniona).


"Quante persone rinchiuse in abitacoli di fumo -gli disse, guardando il vasto mondo - Quante speranze, solitudini, amori, tremulano dentro ad ogni uno."

La luce le irradiava il viso, mentre i capelli smossi dal vento, svolazzavano leggeri e inconsistenti.

"Sai... da bambina sognavo... seduta sulle rive d'un lago, mentre tessevo le fila spaiate dei miei sogni... lo scalpitio imbizzarrito dei tanti cuori sperduti. Come se il mio partecipasse dei capitomboli in cui ogni uno precipitava. Sentivo i loro battiti invadermi prepotenti... se solo mi sporgo da questa finestra, riesco ancora a sentirli... persi nei loro affanni... lungo l'intrico dei loro labirinti."

Poteva quasi percepirne l'increspatura della pelle al tatto, scivolandole sul corpo.

"Pure adesso! Mentre il tuo cuore impazza tra le sue fragili pareti... in un continuo turbinio di passioni e collassi... come nelle sere di estati lontane, quando la spuma della risacca ci coglieva improvvisa, stesi sulla riva umida, sazi d'un amore preso a morsi..."

Jacky non si muove, nella paura di disfare il sogno.
Soggiace incredulo e meravigliato alle sue malie da 'magara' gitana.
Il pensiero di lei gli rovistava il cuore, come quel fiume senza patria, ne luogo, ne nome, che s'agita dentro, impigliandosi qua e la tra i sogni !


Quello che lei chiamava cuore, altro non era - pensò lui - che un ricettacolo di vuoti... custode indegno del suo amore! Vivere pensandola altrove... sarebbe stato un ultimo irrisolvibile inganno... una illusoria promessa di libertà... quando ad ogni passo il suo amore lo incatenava sempre più!


Coglierei porzioni di cielo dai tuoi occhi - gli avrebbe voluto dire - per un ulteriore istante, perduto tra le tue labbra! Tra i mille sogni che abitano questo mio batticuore, uno solo scolora le maglie di tenebra attorno ai miei pensieri. Tu sei quell'odioso intreccio di spasmi convulsi che scuotono il mio corpo ad ogni carezza!

Vi sono infiniti amori invischiati in un mare di tempeste... ma non saprei il nostro a quale appartiene.


Si, gli avrebbe voluto dire questo e molto altro.
Erano stati insieme un tempo, lontanissimo, ma vivo nel suo cuore.


Ma come se lei avesse sentito, sembrò rispondergli: "Taci! Vorrei lambire dolcemente le fragili rive della tua anima... adagiarmi su di essa per assaporarne i tesori a grandi sorsi. I nostri cuori sceglieranno isole aldilà dei sogni tra le cui rive fare riparo... e allietarne gli infiniti giorni di cui la mano avversa e furbesca del fato ci deruba ! Perdermi nella notte del tuo cuore, per trovare nuova luce, inseguendo le piste oscure della nostra FUGA!"


I sensi a volte cullano l'insana delizia di restarsene sospesi tra l'amore e i suoi amplessi, mentre ci abbandoniamo tra le sue onde. I passi snodano sentieri di pensieri che riconducono al proprio amore infinitamente.

"Sei nei miei pensieri - gli disse nel sogno - ad ogni passo che traccio... e in ogni uno di essi, t'amo di più!" ... malconcio e dimezzato dalle intemperie del cuore... usurpatore d'una vita che sembra non esser mia, me ne sto ramingo sul ciglio del mondo, preda inesausta dei tuoi occhi. Questo mio collasso smanioso di intenti amorosi, mi trascina senza indugio, tra le rive di seta del tuo corpo.

Lei d'un tratto lo accarezzo, come un saluto ultimo e inesorabile: "Volare... tra le scie impalpabili del cielo, inseguendo il tuo pensiero tesoro, cercando di afferrarlo per cullare gli infiniti tumulti della ragione, e abbandonarli tra le tue braccia...
T'amo d'un amore che non ha parole, ma solo PASSIONI!"


E con gli occhi umidi, Jaja, svaporò come solo i sogni (e le speranze) sanno fare...
 
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WOOOOOOOOWWWWWW
Complimentissimi a entrambi, non avevo ancora letto nulla di simile.
animamante te c'hai na fantasia galoppante proprio ahahahahaha.
E poi la storia da cui parti è fenomenale... un racconto fiume che potrebbe non avere mai una fine se ci pensiamo.
Un po come la vita dai :) Peccato solo che la cosa sia finita così... uff...
 
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